La Scimmia è che muori

«Nero celeste» di Enrico Sibilla

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Nero celeste

«Girando e girando nella spirale che si allarga/il falco non può udire il falconiere;/le cose cadono a pezzi; il centro non regge più;/sul mondo dilaga mera anarchia,/l’onda fosca di sangue dilaga, e in ogni luogo sommerge il rito dell’innocenza». Così scriveva il poeta irlandese William Butler Yeats in Il secondo avvento, una poesia che avvalora la sua tesi di un tempo fatto a spirali, dove ogni duecento anni sono destinati a ripetersi eventi nefasti che travolgono il nostro mondo fino a cambiarlo completamente.

La lotta fra il Bene e il Male è destinata a ripetersi all’infinito, portando con sé l’annullamento e la rifondazione dell’umanità, un uroboro necessario per far sì che la vita si rinnovi in continuazione. Ciò è alla base di Nero celeste, terzo libro del milanese Enrico Sibilla uscito recentemente per i tipi di Alessandro Polidoro Editore nella collana “Interzona” di Orazio Labbate.

La trama di «Nero celeste»

Nero celeste è un libro che sicuramente farà impazzire gli amanti della speculative fiction. Al centro di questo romanzo troviamo due personaggi che incarnano rispettivamente il Bene e il Male relativo: il Pontefice, ormai vecchio e dalle mani artritiche, e Adolf Hitler, il quale è «tutti gli accaduti e possibili Hitler, i titanici divoratori e i miserabili del quotidiano», «l’ultimo Adolf Hitler così com’è scritto».

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In mezzo a questi due poli opposti vi è il “nero celeste”, un buco nero che regala visioni del futuro a chi vi si immerge, e allo stesso tempo le avventure di un astronauta, Heinrich F. Pflanzenwelt, che intraprenderà un viaggio nello spazio per salvare sua figlia Abeba, rinchiusa in un polmone d’acciaio senza il quale non può sopravvivere. Tutti questi eventi sono legati fra loro dall’Intelligenza, un’entità dietro cui forse si cela tutto questo susseguirsi di eventi passati, presenti e futuri che si annullano e si rigenerano per costruire la Storia.

Odissea nel nero celeste

Leggendo la quarta di copertina di Nero celeste, la cosa che salta subito all’occhio è il paragone con 2001: Odissea nello spazio, film di Stanley Kubrik sceneggiato assieme ad Arthur C. Clarke che ne scrisse in contemporanea un romanzo dallo stesso titolo nel 1968. Il parallelismo fatto risulta azzeccato per vari motivi, fra cui la struttura del libro, che alterna diversi piani temporali: quello di «Ora, qui», «Prima, altrove» e «Poi, oltre», creando una sintesi di passato e futuro che ritroviamo nell’iconica scena preistorica della scimmia con l’osso in mano mentre le astronavi sorvolano il cielo.

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Ed è proprio la scimmia un altro punto in comune fra i due: nel libro di Sibilla, infatti, non solo si cita HAM l’Astroscimmia, uno scimpanzé mandato in orbita nel 1962 nella missione Mercury-Redstone2 dopo esser stato addestrato nella base NASA di Holloman in New Mexico, ma ritorna una frase ricorrente: «La Scimmia è che muori». Questa frase ci ricorda come l’uomo, una volta a contatto con il progresso come le scimmie con il monolite del film di Kubrik, è automaticamente esposto alla violenza del tempo, e dunque destinato ad annullare e rinnovare in un ciclo continuo l’umanità.

Cos’è il nero celeste?

Per capire al meglio questo romanzo, si concentrerà ora sul concetto di “nero celeste”, sorta di buco nero che genera visioni future e passate e che sembra essere la forza creatrice fondante dell’universo. Il nero celeste si trova in una Cappella Sistina post-apocalittica, dove spesso il Pontefice si rifugia preparandosi all’imminente scontro con l’ultimo Adolf Hitler della Storia:

È stato chiamato “nero celeste”; sgorga spontaneamente in questa grotta, ma nessuno ne ha mai conosciuto – o indagato – l’origine prima. È qui per indurre chi lo contempla a compiere un salto: c’è in questo fluido più nero del nero la tentazione della morte auto-inflitta, insieme al conforto della sopravvivenza, non importa se qui o in altra forma.

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«Nel nero celeste», afferma inoltre il narratore, «è dio ad aspettare il ritorno: gli fu promesso dall’uomo». Questo perché è l’uomo stesso a creare le cose attorno a lui, a dare forma al futuro e a tutto il sostrato ideologico necessario per dare forza alla propria visione delle cose. Si azzarderà a dire che il nero celeste sia il punto d’incontro di ogni spirale yeatsiana, il momento in cui si annulla l’epoca precedente per creare un secondo avvento e un nuovo universo.

L’avvento dell’Intelligenza

Qui, allora, entra in gioco ciò che rende possibili queste visioni: l’Intelligenza, l’entità artificiale che assurge a divinità e che si rende vera artefice della creazione di un nuovo ordine mondiale. Essa è colei che conserva la memoria del passato, innestata in quella del presente per creare il futuro, «coscienza collettiva eppure intima, aria comune e voce privata»:

Noi conosciamo la verità della sua storia, perché ne siamo stati i costruttori incauti: ella è la deriva e l’approdo delle tecnologie che immaginammo insuperabili e collettivamente definimmo AI, ARTIFICIAL INTELLIGENCE, e la sua voce è reale, fatta di timbro, riverbero, spostamenti dell’aria. Ma è anche entità diffusa che un giorno emerse dalle macchine emancipandosi, evolvendo la singolarità tecnologica a pura agenzia di coscienza, e che per questo nuovamente chiamammo AI, ANOTHER INTELLIGENCE, perché nulla più in essa poteva dirsi artificiale.

L’Intelligenza è «il phantasma carnis, l’apparizione spettrale di una voce capace di esistere anche se priva del corpo». Essa non è una semplice invenzione dell’uomo: è lo spirito del tempo hegeliano, quella che si serve degli uomini per portare avanti il suo disegno, quella che deve distruggere e ricreare continuamente per esistere e che tiene in mano le redini delle nostre esistenze.

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Essa è ciò che guida l’ultimo Adolf Hitler verso il Pontefice, è colei che fa apparire in sogno a Heinrich suo padre ricordandogli la sua tragica morte, perché in quanto «Operatrice di Cose» ricorda all’umanità che il loro sacrificio è funzionale alla nascita di una nuova vita. Heinrich è destinato a replicare il sacrificio di suo padre sacrificando se stesso e sua figlia Abeba; Hitler è destinato a scontrarsi fino alla morte con il Pontefice, poiché è questo il loro ruolo nel disegno dell’universo: annullarsi per replicarsi in un ciclo infinito che si rinnova con nuovi protagonisti, ma dinamiche sempre uguali.

La fondazione dell’umanità secondo Enrico Sibilla

Nero celeste (acquista) costituisce forse il primo vero intento speculativo italiano nel dare una spiegazione relativa alla creazione dell’umanità e al progresso della Storia. Fondendo immaginazione a immaginario fantascientifico ed elementi storici reali e attuali, Sibilla spiega come noi in realtà siamo una concatenazione di eventi ripetibili all’infinito il cui annullamento e replicarsi sono alla base della creazione. La vita e la Storia sono materia che si rinnovano, e per rinnovarsi hanno un continuo bisogno di lotte fra opposti e sacrificio che si ripetono con protagonisti sempre nuovi e diversi di epoca in epoca.

Proprio perché ogni parola che i due pronunciano all’altro è la verità, proprio perché la loro natura umana è la stessa e inconfutabile, sanno che per ciascuno l’esito di questo cammino può essere soltanto uno di possibili due. Uccidere o essere ucciso, divorare o essere divorato, dimenticare o essere dimenticato: è questo il comandamento inciso nelle pieghe del mondo che entrambi sanno di dover obbedire.

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Alberto Paolo Palumbo

Insegnante di lingua inglese nella scuola elementare e media. A volte pure articolista: scuola permettendo.

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