La nostra realtà è il più grande complotto dei complotti

«Nero. Il complotto dei complotti» di Luca Giommoni

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«Nero. Il complotto dei complotti» di Luca Giommoni

Vi siete mai chiesti per quale meccanismo autolesionista le persone devono aspettare ore e ore nelle sale d’attesa? Ecco, Nero. Il complotto dei complotti di Luca Giommoni (edito da effequ, 2024) svela questi e altri complotti irrisolvibili che da sempre caratterizzano l’immobilità politica e sociale dell’Italia e del resto del mondo.

A quattro anni dalla pubblicazione de Il rosso e il blu. Una comune favola di migrazione, edito anch’esso da effequ nel 2020, Giommoni firma un romanzo corale. È un intreccio di vicende individuali profondamente connesse che, in un epico multiverso che si spezza in epoche diverse, spiegheranno il fallimento del sistema-mondo.

Nero è il portavoce di una generazione condannata a lavori inutili e precari, contratti senza futuro o tirocini gratuiti. Capirà presto che senza un Busenga – neologismo coniato con l’amico Alfredo, compagno di disoccupazione – non si va da nessuna parte.

C’era sempre un Busenga nella bocca di Nero, così come nella sua testa ci sarebbero stati sempre dei complotti.

Nero, un disoccupato con la fissa dei complotti

Il romanzo si apre con un elevato tasso di realismo urbano. Nero ha circa trent’anni, disoccupato, è alle prese con mille colloqui – uno più disarmante dell’altro. Orfano di madre, ha perso le tracce del padre dopo una deriva di follia. Il temporaneo impiego presso lo Sportello Unico per le Attività Produttive potrebbe cambiare le sorti del nostro eroe generazionale, ma in realtà questo contratto ha vita breve. Nero si rende conto che gli viene richiesto di obbedire a un’inerzia misteriosa, di adeguarsi a una pratica di inspiegabile non-lavoro. Il tutto è previsto dalla famosa Circolare Salvatempo, ma…

«Ma qualcuno l’ha mai letta questa Circolare Salvatempo?» aveva replicato Nero alla risposta di Raffaele e Maria Cinzia sul perché loro aprissero solo tre pratiche al giorno – sempre ammesso che Raffaele ne avesse mai aperta una – se il manuale operativo imponeva, per essere un archivista efficace ed efficiente, almeno dodici pratiche giornaliere.

Vi stiamo parlando di uno dei capitoli più belli di questo libro che vanifica i timori e le regole non-scritte di tutti quegli uffici in cui non ci sono abbastanza responsabili rispetto ai dipendenti, le responsabilità sono troppe rispetto allo stipendio e la certezza di un contratto a tempo indeterminato giustifica i senior nel ricreare un sistema in cui nessuno lavora più dell’altro. A questo Nero si ribella, determinando così il suo licenziamento.

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«Ci dispiace, ragazzo» continuò Raffaele. «Ma non ci hai lasciato altra scelta: da lunedì andrai all’ufficio del Personale, da Aldo. Non possiamo permettere che tu faccia altri scherzi del genere».
«Chi l’ha deciso?» disse Nero avvampando in volto. «Voi non avete l’autorità per una decisione del genere».
«La dirigenza» lo interruppe Raffaele. «La dirigenza lo ha deciso».
C’era un dirigente, quindi. Un dirigente che aveva deciso che Nero sarebbe stato spedito all’ufficio del Personale. Un dirigente con cui Nero avrebbe parlato di persona.
Bussò alla porta dell’ufficio Dirigenza. Nessuno rispose. Provò a entrare, ma la porta era chiusa dall’interno. Bussò ancora più forte. Raffaele intanto lo guardava e lo compativa da lontano. Nero fece suonare le nocche della sua mano sulla porta altre cinque, dieci, venti volte.
Quando l’ultimo impiegato abbandonò l’edificio, Nero era ancora davanti alla porta del dirigente. 

Si ricomincia coi colloqui, stage non retribuiti, corsi formativi, tempo perso ma che condurrà all’incontro con il tal Busenga. Un’avventura che parte dai centri per l’impiego per parlare appunto della disoccupazione a trent’anni e dei disagi del mondo del lavoro nell’età post-industriale. Stavolta con l’aiuto di Elettra, una navigator che prende a cuore la missione di trovare lavoro a Nero. Hobby del candidato: una passione spropositata per i complotti. Conosce tutti quelli veri, esistenti, oppure potrebbe inventarli.

La vicenda prende una piega diversa nel momento in cui i “Centri temporali per l’impiego” diventano lo strumento attraverso cui il Governo tenta di “nascondere” il problema della disoccupazione in modo temporale – e non in modo temporaneo, avete capito bene.

Slogan: «Un passo indietro per il lavoro è un passo nella direzione giusta». I disoccupati vengono di fatto “ricollocati” in un’altra epoca in cui c’è un’alta percentuale di possibilità di trovare lavoro. Unica clausola: non bisogna provare a modificare il corso degli eventi significativi della Storia, pena la “revisione”.

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Un viaggio in un universo narrativo immaginario

Il lettore viene, senza preavviso, abbonato a un viaggio nei meandri dello spazio-tempo, tra pagine surreali e satiriche, con riferimenti culturali che vanno dall’incidente di Roswell a Pocahontas, da Hulk Hogan a John Wayne, fino all’Area 51 e la pubblica amministrazione italiana.

Non manca la tenerezza, riassunta dalle azioni del padre di Nero, il signor Livio. Dietro la sua parentesi di follia si nasconde, in realtà, la ricerca della felicità. Dopo anni trascorsi risucchiato dal lavoro e un lutto a cui nessuno è mai realmente preparato, l’uomo è scomparso nel passato nel tentativo di riportare le cose al momento in cui erano belle, come se senza quella persona nel futuro non potesse esistere neppure il presente.

Infine il senegalese Malang, dallo stesso nome di uno dei personaggi de Il rosso e il blu, un legame non così casuale. Era ed è un mediatore linguistico che, in un universo narrativo immaginario, rimane affascinato dalla versione angelica di Giorgia Meloni e spera di cambiare le sorti del mondo intero.

«Non sono qui per salutare» sorrise l’uomo. «Sono qui per incontrare».
«Incontrare chi?» replicò subito Gina sospettosa.
«Oggi ho incontrato voi» sorrise ancora di più l’uomo come se fosse il giorno più bello della sua vita. La figlia più grande da dietro la gonna della madre gli fece ciao con la mano, l’uomo le rispose di rimando.
«Piacere, mi chiamo Malang».
«Gina, piacere» rispose incerta. Controllò se nei paraggi ci fosse qualcuno. Non c’era. Erano soltanto loro quattro.
«Lei è Bruna» riprese le presentazioni Gina, come per prendere tempo. «E questa creaturina qui» sollevò leggermente il braccio che teneva la figlia piccola «si chiama Giorgia».

Se nella prima parte il romanzo racchiude una serrata critica nei confronti del mondo del lavoro, l’alienazione del nostro tempo, governato da un’insensata burocrazia, nella seconda parte l’autore sfrutta l’ambientazione americana del secondo dopoguerra per sfatare il complotto dei complotti.

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È in questo contesto che l’autore introduce l’idea di una sorta di macro complotto, quasi fosse una matrioska narrativa: una teoria secondo cui tutti i complotti, o almeno quelli più celebri, sarebbero essi stessi costruiti per distogliere l’attenzione dal vero fulcro del controllo globale.

Dopotutto, il complotto conforta, deresponsabilizza: se le cose non funzionano, non è colpa nostra, è destino. Allora a che serve impegnarsi tanto per trovare un lavoro, un impiego che ci definisca come persona?

«Fa’ il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in vita tua, eh?» citò Livio a braccio. «Si capisce che chi ha detto questa frase… chi era, Confucio? Era senz’altro un gran disoccupato. Io amavo il mio lavoro e ho lavorato tutti i giorni della mia vita, per la banca, per la carriera, per lo stipendio, per la mia famiglia, e la banca era ben felice di pagarmi tutti i mesi per non farmi trascorrere troppo tempo con la mia famiglia, per farmi avere un po’ di ricordi in meno con loro…»

La penna di Giommoni è un antidoto umoristico

Una precisa immagine della realtà fantascientifica che ci circonda. Nero. Il complotto dei complotti (acquista) è un romanzo ironico, grottesco, surreale. Un testo che infiamma la rabbia provocata dalle ingiustizie del nostro tempo, insieme alla frustrazione generata dall’impossibilità di cambiare le cose in un Paese – l’Italia – in cui nulla sembra mai funzionare, di proposito. La nostra realtà è il più grande complotto dei complotti.

La penna di Giommoni è un antidoto umoristico consigliato a tutte quelle persone che si sorprendono ancora per la capacità delle segreterie di rallentare le pratiche – tra analfabetismo digitale e sprechi di documentazione –, per le tante ore perse in sala d’attesa, per le terroristiche chiamate dei call center e per le tante ore di lavoro risucchiate da call/riunioni che potevano benissimo essere mail. Dedicato a tutte quelle persone che odiano miseramente tutti i Busenga di questo mondo.

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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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