Salvarsi sul filo dell’imprevisto

«Sani e salvi» di Camila Fabbri

12 minuti di lettura
Sani e salvi

Buenos Aires, 30 dicembre 2004. Vent’anni fa, di sera, scoppia un incendio gravissimo nella discoteca República Cromañón che, a causa di scarse misure di sicurezza, ha provocato la morte di centoventiquattro persone. Anche un qualcosa di innocente e quotidiano come una serata in discoteca può rivelarsi fatale per molte persone, e altrettante si salvano sul filo del rasoio.

Quella notte, la scrittrice Camila Fabbri, all’epoca dei fatti quindicenne, è sfuggita alla tragedia per un soffio, mentre la sua amica Victoria ha perso la vita. Questo evento ha talmente segnato l’autrice e regista argentina da influenzare tutta la sua opera, sempre in bilico tra salvezza e tragedia, come per esempio i racconti di Sani e salvi, pubblicati in italiano da Alessandro Polidoro Editore.

I racconti di «Sani e salvi»

A una festa di compleanno di un amico di famiglia, una bambina entra in contatto con un caimano domestico suscitando lo spavento degli invitati; una donna prende un taxi, ma invece di tornare a casa, si ritrova involontariamente rapita dal tassista; un uomo, al centro commerciale assieme alla moglie e alla figlia, si ritrova spettatore di una rissa in bagno; un padre separato adotta un gatto per il figlio, il quale sviluppa un legame sempre più simbiotico con il felino.

Leggi anche:
Dal passato non si fugge

Questi sono alcuni dei protagonisti dei racconti di Sani e salvi. Le situazioni raccontate sono all’apparenza ingenue, come del resto tutti gli avvenimenti che accadono nella nostra quotidianità, ma presentano imprevisti che mettono a rischio non solo le poche certezze che i protagonisti hanno, ma anche la loro incolumità. C’è chi riesce a salvarsi per il rotto della cuffia e chi, invece, continua a vivere col timore di non essere in grado di controllare la propria vita.

Documentario di una quotidianità instabile

I racconti di Camila Fabbri possono essere racchiusi in un’unica cornice dal titolo «documentario di una quotidianità instabile». Questa idea viene in mente per due motivi: da un lato lo stile più o meno oggettivo che governa i racconti di Sani e salvi, e dall’altro le epigrafi tratte dai documentari di National Geographic che aprono tutti i racconti tranne l’ultimo, quello eponimo.

Leggi anche:
Così era dato che fosse…

Questo stile oggettivo, a tratti documentaristico, a tratti teatrale, è avvalorato anche dall’epigrafe del cantante Charly Garcìa, che parla di un tuffo in piscina fatto dal nono piano e di come, dopo non aver visto Dio fra il terzo e quarto piano, si sia messo a ridere. L’idea che sottende i racconti di Fabbri è quella di osservare il tutto con distacco, senza interventi, perché di fronte all’imprevisto del quotidiano nemmeno il narratore-demiurgo può fare qualcosa. Le storie dei protagonisti sono in balìa del destino, e noi come spettatori possiamo solo osservare il corso che intraprendono le loro vite.

Pericoli quotidiani

I personaggi di Sani e salvi sperimentano, dunque, il precipizio in modo più o meno volontario perché trascinati dalla corrente del destino, ma anche per scelte che loro stessi hanno deciso di compiere. Per spiegare al meglio questa idea, si legga il seguente brano tratto da I rischi che corriamo, dove la protagonista osserva il comportamento dei suoi gatti e riflette sul suo rapporto con la sorella e la madre, la prima alle prese con un intervento all’utero, la seconda vittima anni prima di violenza domestica:

I miei gatti amano far cadere a terra i bicchieri pieni. Per loro è salutare sperimentare la forza di gravità, una volta e un’altra ancora, in continuazione, vedere che le cose cadono e si rompono. Che non tutto si rigenera. Che un giorno qualcosa di strano ti si forma dentro e zac, occorre darci un taglio netto.

Leggi anche:
Dolore buio, pasticche colorate

Sfidare la gravità, ovvero sfidare la propria stabilità per giungere a un momento di instabilità, è qualcosa che i nostri protagonisti sono sempre portati a fare, come Amelia, la bambina di Resti che si avvicina verso la bocca del caimano, oppure Elisa, protagonista di Meteora innocentemente coinvolta in un bizzarro rapimento in taxi. Ciò, però, riguarda anche situazioni all’apparenza poco pericolose come i rapporti di coppia: ne sono un esempio Triste regno animale e Station Wagon, dove in entrambi i casi ci troviamo con situazioni di adulterio che mettono a rischio la sicurezza e la solidità del rapporto di coppia per l’ebrezza di sfidare il precipizio vivendo emozioni nuove e inedite che rinnovano la passione amorosa.

L’animalità dell’umanità secondo Camila Fabbri

Un ruolo importante in questi racconti è rappresentato dagli animali. In particolare tre sono gli animali che ben illustrano questa sfida alla gravità a cui si allude sopra: il caimano di Resti, il cane in Discendenza, la cui gravidanza nonostante la sterilità riflette quella della protagonista e il suo abbandono da parte di una delle sue relazioni passate; la tigre in Tigre di terra, la cui cattività allo zoo rispecchia quella della madre della protagonista, Alicia, ormai apatica nei confronti di una vita che non le ha mai dato felicità, e il gatto in Bimbi molto forti, che a momenti sembra quasi inghiottire il figlio del protagonista, il quale non vuole lasciare il padre ormai separato dalla moglie.

L’elemento animale è molto presente in questi racconti e motivato dall’autrice nel seguente modo in una delle sue interviste:

Fin da piccola ho una specie di ossessione per gli animali, sia quelli domestici che gli altri. Inclusa quella per la loro sofferenza, con quei documentari che mostrano molto bene la piramide trofica del mondo animale, in cui si deve cacciare o essere cacciati per sopravvivere. Questa idea mi pare molto specifica e trovo un parallelismo quasi ovvio con il mondo umano in relazione alla sopravvivenza.

Traduzione a cura dell’autore dell’articolo

La sfida alla gravità diventa, quindi, una sfida alla sopravvivenza nel quotidiano, con gli animali che attraverso il loro istinto rispecchiano esattamente il comportamento dei nostri personaggi, i quali si ritrovano in certe situazioni a dover pagare pegno per le scelte da loro commesse, che certe volte possono portarli a salvarsi in extremis, ma altre li portano a doversi confrontare con i resti della sofferenza che certe scelte hanno causato loro.

Avere il potere di trasformare il domani in resti

Se restiamo, dunque, sull’animalità del quotidiano, la chiave di lettura ce la dà il racconto Resti parlando del caimano nel momento in cui uno dei protagonisti la definisce una creatura in via d’estinzione: «il caimano è ancora in quel giardino. La specie non è comparsa». Sebbene Amelia, la protagonista del racconto, sia scampata al pericolo del caimano – e sebbene anche Silvio sia scampato, quando aveva l’età della bambina, a un pericolo che non sveliamo per non dare troppe anticipazioni –, lei e le persone alla festa sono rimasti segnati dall’esperienza e continueranno ancora a ricordarla come qualcosa da cui sono usciti persone a metà.

Come Amelia e Silvio, così tutti gli altri protagonisti escono dalle loro situazioni come persone a metà, sopravvissute per un pelo alla tragedia, ma sapendo che, se oggi ti sei salvato, domani è un altro giorno e le tue certezze vengono di nuovo messe in discussione. Se, ad esempio, Elisa in Meteora alla fine torna a casa e scampa il pericolo di un rapimento criminale vero e proprio, in Paesaggio con ambulanze – racconto nato dall’esperienza di Fabbri con la già citata tragedia del Cromañón – l’incidente in un locale catapulta la protagonista nel mondo degli adulti con la consapevolezza che «prima o poi cominciamo tutti a cadere».

Queste persone a metà, però, devono fare solo una cosa: «trasformare il domani in resti». Provare, quindi, a non pensare al futuro come un continuum senza interruzioni, dove tutto ciò che immaginiamo si realizza, bensì come frammenti, come momenti in cui tutto può essere messo in discussione, alle volte risolto, alle volte no. La salvezza è possibile, ma non è certa, e questo atteggiamento di accettazione nei confronti del futuro rende meno dolorosa la sua realizzazione.

Prima o poi cominciamo a cadere tutti

Sani e salvi (acquista) racchiude in sé delle piccole epifanie di gente che vive sul filo del rasoio. Tutti i personaggi di questi racconti realizzano quanto la vita sia sempre in equilibrio precario, che anche la quotidianità più banale può nascondere pericoli pronti a destabilizzare le poche certezze che abbiamo. Come animali, anche questi uomini e donne di cui abbiamo letto le storie si lasciano guidare dall’istinto e dalla vita per andare verso un precipizio in cui la salvezza non è garantita, ma che comunque fa parte della propria esistenza e va accettato così com’è.

Un’infermiera andrà ad abbracciarla e le dirà che va tutto bene. Poi si rimetterà in piedi e camminerà più leggera, senza disturbi ma con brutti ricordi. Ed ecco che tutto ricomincia da capo. I loro corpi non saranno mai interi. Ogni notte, prima di addormentarmi, chiudendo gli occhi, vedo dei cerchi in movimento. Una storia che si ripete all’infinito.

Camila Fabbri, I rischi che corriamo, da «Sani e salvi»

Segui Magma Magazine anche su Facebook e Instagram!

Alberto Paolo Palumbo

Insegnante di lingua inglese nella scuola elementare e media. A volte pure articolista: scuola permettendo.

Lascia un commento

Your email address will not be published.