Oggetti che custodiscono una memoria di noi

«Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia» di Michele Ruol

7 minuti di lettura

Chi conserva gli oggetti legati a un ricordo particolare sa quanto può essere letale, in una fase di lutto, ritrovarsi a farse i conti con quella memoria ogni giorno. E se a farci i conti sono una Madre e un Padre è inevitabile rimanere ustionati da quei ricordi che bruciano e che non possono riportare in vita chi non c’è più. A pensarci, quei ricordi hanno il retrogusto dolceamaro della cenere.

Quanto sarebbe bello, pensava Madre a volte, quanto sarebbe bello se bastasse riparare l’orologio per permettere al tempo di riprendere a scorrere. O girare le lancette all’indietro, tornare al pomeriggio, quando i ragazzi erano ancora a casa. O al giorno dell’ultimo litigio con Minore e dirgli, Non fa niente se non vieni a pranzo. Oppure ancora: girarle e girarle, e tornare a quando i ragazzi erano piccoli, quando avevano uno e due anni, e lei e Padre erano così spensierati. O forse non lo erano, ma non importa: quanto sarebbe stato bello avere di nuovo sedici anni da vivere insieme?

Michele Ruol – anestesista di professione, sceneggiatore teatrale per indole – ricostruisce un Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa Edizioni, 2024), di tutti quegli oggetti che danno nome ai vari capitoli. Cose che sopravvivono alla tragedia e che provocano dolore. E la casa è per eccellenza il luogo della memoria.

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I figli, Maggiore e Minore, sono morti in un incidente. La famiglia si è spezzata a metà e il dolore ha preso il posto dell’amore. La perdita rivela il rancore di chi non riconosce la crepa, l’errore, che ha anticipato la tragedia. Il romanzo breve fa un percorso a ritroso, alternando i piani temporali, del passato e presente. Un decluttering emotivo delle vite che non ci sono più e di quelle che in un futuro vedono solo cenere.

In realtà il suo rancore verso di lui era solo la piccola parte di un rancore più vasto. Madre provava rancore per l’aria che respirava, rancore per ogni elemento contenuto nella loro casa.
Padre era l’unico su cui poteva sfogarlo.

«Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia», un esordio bruciante

Non avere più il ruolo di genitori vuol dire perdere il passato, serve ricostruire partendo dai piccoli pezzi di un mondo che non è più quello di prima. Come un incendio che devasta un bosco, nulla può ricrescere se non piccole tracce. L’evento, l’incidente, ha segnato la vita di Madre e Padre determinando un prima e un dopo. La scelta di Michele Ruol è seguire quelle tracce. Si tratta di brevissimi frammenti di sé, disseminati nella casa di Madre e Padre, dai figli, per ricostruire un’intera vita. 99 oggetti che offrono la possibilità di rivivere in loop una vita passata, come quei film di cui conosciamo il finale e che proprio per questo non riusciamo a fare a meno di guardare. Dalla cornice in argento all’antenna radio, passando per l’orologio Swatch Chrono, ogni oggetto è testimone non pagante di un’esistenza spezzata. 

Se il corpo non è altro che carne e sangue, le cose offrono la visione di un mondo che non vivremo più. O almeno non allo stesso modo.
Ma cosa resta di non quando non ci siamo più? Una traccia, un’impronta, un itinerario di ciò che siamo stati.

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Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (acquista) è un esordio narrativo folgorante che racconta il dolore di chi resta offrendo uno sguardo nuovo, diverso dalla mera narrazione dei fatti. Consigliato a chi non riesce a liberarsi di quegli oggetti in cui riverbera l’illusione di una felicità, la speranza che si ripresenti il passato. Scriveva Orhan Pamuk ne Il museo dell’innocenza:

L’unica cosa che rende questo dolore sopportabile è possedere un oggetto, retaggio di quell’attimo prezioso. Gli oggetti che sopravvivono a quei momenti felici conservano i ricordi, i colori, l’odore e l’impressione di quegli attimi con maggiore fedeltà di quanto facciano le persone che ci procurarono quella felicità.

In quest’ultimo romanzo il protagonista colleziona gli oggetti appartenuti all’amante perduta. Solo per poterli guardare, annusare, toccare. Ecco che il ricordo diventa un dolce tormento in cui nascondersi quando il futuro diventa spaventoso. Ma la vita non è un nastro che possiamo riavvolgere a nostro piacimento. E nessuna Marie Kondo riuscirà a liberare gli oggetti dall’incandescente amore di cui sono stati testimoni. L’esordio narrativo proposto da TerraRossa edizioni è una sfida a rimanere interi mentre il resto del mondo va in fiamme.

L’autore

Michele Ruol ha pubblicato racconti sulle riviste letterarie «Inutile» ed «Effe – Periodico di Altre Narratività», oltre che in raccolte a più voci, come L’amore ai tempi dell’apocalisse (Galaad), a cura di Paolo Zardi, e Il Veneto del futuro (Marsilio), a cura di Alessandro Zangrando. Il testo Betulla, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano per il podcast Abbecedario per il mondo nuovo, è stato pubblicato nel libro omonimo edito da Il Saggiatore.

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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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